Quando mia madre preparava il coniglio alla cacciatora si
spargeva nei dintorni un profumo che tutto il vicinato si sarebbe volentieri
autoinvitato per la cena di quella
sera. Io lo faccio tal quale, perché fare meglio non si può.
È un piatto prettamente invernale che di solito si
accompagna con fette di polenta abbrustolite sulla gratella, ma
visto il tempo incerto di questa fine luglio ho deciso di cucinarlo anche se è estate.
Dunque si prende un bel coniglio possibilmente “ruspante”,
lo si lava si taglia a pezzi togliendo il midollo della spina dorsale,
infilandoci un lungo stecchino, perché lasciandolo darebbe alla carne un sapore
di selvatico fastidioso. Con una carota, una cipolla possibilmente dorata e due
coste di sedano, si prepara un trito fine (quando era stagione mia mamma
metteva anche un trito di peperone) che si pone in una larga padella con due
noci di burro e qualche cucchiaiata di olio, sopra si accomodano i
pezzi di coniglio in uno strato solo e si mette sul fuoco.
Deve essere un fuoco vivace e, non appena cominciano a rosolare i pezzi di carne si aggiungono due o tre rametti di rosmarino
e qualche foglia di salvia e 5-6 cucchiai di passata di pomodoro e lasciare cuocere a tegame scoperto girando, di tanto in tanto i pezzi di coniglio fino a che la
preparazione risulta ben asciutta.
Si versa un bicchiere di vino bianco o
rosato, si aggiusta di sale e pepe, si fa riprendere il bollore e poi si abbassa la
fiamma lasciandolo cuocere a fuoco dolce e coperto col coperchio.
Quando il
coniglio è cotto il sughetto non deve essere abbondante, ma in giusta misura ed
abbastanza denso così da poter essere raccolto con le fette di polenta
ben calda ed essere gustato assieme alla carne.
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